Come scegliere tra i diversi tipi di farine e semole, con un occhio alla salute e uno al gusto.

Nel 2015 il professor Franco Berrino iniziava una sua famosa intervista (potete vederla su YouTube) dicendosi stupito dal fatto che un pizzaiolo napoletano avesse risposto alla domanda "che farina usa?" semplicemente con: "la farina". «Come se ci fosse una sola farina», chiosava Berrino. A poco più di due anni di distanza scegliere una farina (o un qualunque preparato a base di farina, dal pane alla pasta, fino ai biscotti e agli snack) è diventato un compito estremamente difficile, visto che nelle corsie dei supermercati si rincorrono le indicazioni "integrale", "semintergrale", "tipo 2" come se fossero parole magiche. Proviamo a fare un po' di chiarezza e capire se sono tutte salutari o alcune meno di altre.

La farina "00" fa davvero male?

L'allarme è stato lanciato proprio da Berrino nell'intervista citata sopra e in altre, più tranchant, come in un servizio di Report di Giuliano Marrucci datato addirittura 2009: «La farina 00 è il più grande veleno della nostra alimentazione».


La farina 00 è il prodotto più raffinato che si ottiene dalla macinazione del grano. Gli scarti di macinazione si spingono fino alla metà del chicco: vengono persi interamente tutta la crusca (la parte più esterna del chicco, che contiene una grande quantità di fibre, ma anche vitamina B e sali minerali) e il germe di grano (la parte che può germogliare e produrre nuove piante ed è ricca di vitamine B ed E, minerali, grassi polinsaturi, composti fenolici e antiossidanti). Quello che resta è solo l'endosperma, la parte più interna e più povera del chicco, composta da amidi (carboidrati complessi) e proteine che, impastati con acqua, formano il glutine.

Insomma, forse non è il caso di scomodare il termine "veleno", tuttavia ci sono validi motivi per non utilizzarla, come spiega ancora Berrino alla trasmissione Patti Chiari della tv svizzera Rsi (guardatela, merita):

«È stato dimostrato che effettivamente chi ha una dieta ricca di fibre, e in particolare di fibre di cereali, si ammala meno di cancro dell'intestino. Ma non solo, si ammala meno di infarto, di diabete, di malattie dell'apparato respiratorio e digerente e anche di malattie infettive. Perché se l'intestino funziona bene, anche l'apparato immunitario funziona bene. La farina bianca è nociva perché le abbiamo tolto i componenti che fanno bene alla salute, in particolare le fibre. E poi ha un indice glicemico molto alto e questo favorisce i diabeti, i tumori e l'obesità».


Il professor Franco Berrino

Quanti tipi di farina esistono?

Esistono cinque tipi di farine di grano tenero, che si differenziano per la quantità di crusca rimasta dopo la macinazione.

  • Farina tipo 00 o farina bianca, come detto è la più raffinata, ha uno scarto del 50% (da 100 kg di grano si ottengono 50 kg di farina).
  • Farina tipo 0, Berrino la accosta alla 00 tra quelle nocive ma occhio ai numeri: qui lo scarto è del 28%, significa che rispetto alla farina bianca ha un 22% in più di crusca e germe, le parti più ricche di nutrienti.
  • Farina tipo 1, dove lo scarto scende al 20%, forse proprio per la differenza non molto significativa con la 0 è poco diffusa in commercio.
  • Farina tipo 2, lo ammettiamo subito: è la nostra farina preferita. Si scarta solamente il 15% più esterno del chicco per ottenere una farina molto versatile, che può essere sostituita nelle stesse dosi alla farina 00 in quasi tutte le ricette (le differenze nell'assorbimento di acqua e nella resa non sono significative e possono essere corrette facilmente già dalla seconda volta che preparate la stessa ricetta).
  • Farina integrale, ottenuta dal chicco macinato per intero, con una resa del 100% (da 100 kg di grano si ottengono 100 kg di farina). È la scelta più sana possibile, ma non per questo bisogna rinunciare al sapore: una volta che vi sarete abituati al gusto di crusca non potrete più farne a meno, anzi la farina normale vi sembrerà insipida (e in effetti lo è).



Tipo 00Tipo 0Tipo 1Tipo 2Integrale
Parte di chicco mantenuta50%72%80%85%100%
Parte di chicco scartata
50%28%20%15%0%


Nel nostro negozio online abbiamo scelto di non proporre la 00, offrendo una selezione di farina 0, 2 e integrali di grani antichi biologici: in questo caso la presenza di crusca è assolutamente un valore aggiunto perché permette di apprezzare meglio le sfumature di gusto delle singole varietà di grano.

Oltre alla farina c'è poi la semola, il nome che viene dato al prodotto della macinazione del grano duro. Le semole hanno una classificazione diversa. La prima differenza è che, per la particolare durezza del chicco, non è possibile ottenere la farina bianca.

  • Semola integrale, quando il chicco viene macinato per intero.
  • Semola integrale rimacinata, che si ottiene a partire dalla semola integrale con un secondo passaggio nella macina.
  • Semola, che ha uno scarto del 36-40%.
  • Semola rimacinata (chiamata anche farina di grano duro), che si ottiene a partire dalla semola con un secondo passaggio nella macina.

Cosa dobbiamo aspettarci da una farina?

Avete presente la differenza fra carboidrati vuoti e carboidrati pieni? Quelli "vuoti" sono carboidrati che non portano con sé nutrienti e l'esempio più lampante è proprio la farina 00. Ecco, da una farina dobbiamo aspettarci carboidrati "pieni", ovvero accompagnati da fibre, vitamine e sali minerali.

Tenete presente che il 50-55% delle calorie che una persona assume in una giornata dovrebbe arrivare dai carboidrati. Ecco perché ha poco senso togliere i carboidrati dalle proprie diete. Bisogna invece fare in modo che quei carboidrati apportino anche nutrienti utili al nostro organismo, perché non possiamo accettare che la metà della nostra alimentazione quotidiana appaghi solo il palato e non aiuti la nostra salute. Ancora una volta, la scelta delle farine integrali e semintegrali appare la migliore per il loro apporto soprattutto di fibre, ma anche di vitamine, sali minerali e antiossidanti di cui soprattutto i grani antichi sono ricchi (come dimostra questo studio coordinato dal professor Giovanni Dinelli dell'Università di Bologna).

Photo by Malidate Van from Pexel

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