Lo studio del Microbiota per affrontare scientificamente queste due condizioni.

Lo studio del Microbiota Intestinale é essenziale per poter affrontare in modo scientificamente valido una condizione come quella dell'obesità e del sovrappeso.

La realtà sulle diete iperproteiche.

Il voler raggiungere risultati importanti in tempi ridottissimi ha portato molti di coloro che combattono ogni giorno una lotta contro l'ago della bilancia ad assumere comportamenti alimentari "demenziali". Abbiamo così assistito ad una serie di mode nutrizionali, che nulla hanno a che spartire con la Scienza della Nutrizione, puntate su un uso indiscriminato di proteine. Le diete iperproteiche hanno avuto ed hanno molto successo perché, almeno in un numero considerevole di casi, consentono di

perdere molto peso in poco tempo. Ma questa perdita, nella quasi totalità dei casi, è seguita da un altrettanto rapido recupero del peso perso come si ritorna ad una alimentazione "normale", senza contare che in molti casi diete fai-da-te usate in modo del tutto screanzato possono causare l'insorgenza di stati patologici anche gravi.

Proprio a cagione di questo iniziale successo di perdita di peso il mercato, nel senso deleterio del termine, è stato invaso da prodotti e venditori di magiche pozioni proteiche che, senza alcuna conoscenza e titolo accademico, si sono trasformati in "dietologi della porta accanto". Peccato che tutti costoro (sicuramente degnissime persone ma che in nome di un business hanno scambiato il lavoro di un professionista con quello di uno scalatore nelle realtà dei network-marketing) ignorando totalmente la materia abbiano creato e continuano a creare una serie di autentici disastri i cui effetti non tarderanno a divenire evidenti nell'arco di qualche anno, poiché le cattive abitudini il più delle volte necessitano di un arco di tempo per mostrare quanto abbiano potuto causare.

Le diete iperproteiche, mettono a dura prova tutto l'organismo e, soprattutto, fegato e reni, poiché creano un fenomeno noto come "chetosi" (la chetosi altro non è che un'acidificazione del corpo che si verifica per l'assenza o comunque carenza di carboidrati nella dieta che, pur consentendo di perdere inizialmente del peso, nel tempo procura danneggiamento di organi vitali, disidratazione - la forte perdita di peso è spesso imputabile solo ad una grande perdita di liquidi - stanchezza muscolare, crampi e, nei casi più gravi, aritmia cardiaca) ed alterazione del microbiota con la produzione di sostaanze altamente tosssiche, come l'indolo e l'idrogeno solforato, oltre a sostanze con un elevato effetto infiammatorio, come le citochine proinfiammatorie.

E quindi, cosa fare?

Poiché le diete iperproteiche costituiscono un modo poco efficiente di affrontare il sovrappeso/obesità consiglio di riconsiderare, anche alla luce delle ultime scoperte, il ruolo fondamentale dei "carboidrati adeguati", come legumi e grani antichi, nel nutrire la flora microbica amica e combattere infiammazione cronica in basso dosaggio e insulino resistenza.

Il microbiota obesigeno.

Lo studio della composizione del Microbiota ha permesso di riconoscere un preciso microbiota obesigeno. Questo microbiota é caratterizzato da un elevata presenza di un particolare gruppo (phylum) di batteri: i Firmicutes. Questi ultimi inducono 2 azioni principali:

• Condizionano le scelte alimentari orientandole versso gli alimenti più ricchi in zuccheri, grassi e sale come dolci e patatine fritte e cibo spazzatura in generale;

• Estraggono una maggior quota di calorie dal cibo ingerito, in modo semplicistico ma realistico se si assumono 1000 calorie l'organismo grazie ai Firmicutes ne estrae, per darne un'idea, 1500.

Inoltre spesso il microbiota obesigeno si rende responsabile della produzione carente di serotonina, un neurotrasmettitore indispensabile a garantire una “stabilità” nel comportamento alimentare ed una cattiva qualità del sonno il che induce con maggiore facilità attacchi di fame compulsiva specie nelle ore serali e notturne.

Microbiota

A queste condizioni si associa spesso una maggiore propesione ad un cattivo metabolimo di carboidrati e grassi saturi ed una tendenza all'infiammazione cronica in basso dosaggio e all'insulino resisteenza.

Infiammazione cronica in basso dosaggio

In molte patologie entra in gioco un tipo di infiammazione cronica che perdura nel tempo, molto diversa rispetto all’infiammazione acuta che si attiva in seguito ad una lesione, una ferita, un’infezione virale o batterica; quest’ultimo tipo di infiammazione è caratterizzata da un picco iniziale, che si placa nell’arco di alcuni giorni e poi torna a livelli normali.

Nelle patologie croniche si parla invece di una condizione di infiammazione persistente che può non dare sintomi per anni ma può essere più distruttiva per i tessuti vitali rispetto all’infiammazione acuta. Essa coinvolge tutto l’equilibrio immunitario che viene continuamente stimolato a produrre citochine e altre molecole pro-infiammatorie, creando un circolo vizioso all’interno dell’organismo, causando l’invecchiamento, in senso lato, di cellule e tessuti.

Molti sono gli effetti dell'infiammazione cronica che, una volta “andati a fuoco”, non fanno che nutrire l’infiammazione stessa, dando luogo a una spirale di cause ed effetti che si incrementano rispettivamente: fenomeni di glicazione, alterazione dell’equilibrio degli acidi grassi, stress ossidativo, alterazione dell’equilibrio quali e quantitativo della flora batterica intestinale, insulino- resistenza, diabete, iperomocisteinemia, alterazioni ormonali, presenta di patologie autoimmuni, stress, ....

L’organismo infiammato funziona peggio e tende ad accumulare adipe con estrema facilità soprattutto nell'area viscerale (il grasso viscerale é quello più pericoloso per la salute).

Insulino resistenza.

Una condizione di produzione eccessiva di insulina (iperinsulinemia) si genera per una risposta anomala nella produzione della stessa nella fase post-prandiale; anche se in ritardo rispetto al soggetto sano (tre-quattro ore dopo il pasto), gli zuccheri entrano nelle cellule ma, soprattutto, sono “stoccati” in forma di adipe. Questo squilibrio metabolico rende la risposta alle diete molto meno efficace; inoltre può generare crisi ipoglicemiche che aumentano l’appetito e la sensazione di non poter fare a meno degli zuccheri.

Tale condizione si rende responsabile, entro un arco di tempo variabile, dell'insorgenza del diabete di tipo 2. L’insulino-resistenza è una difficoltà dei tessuti periferici (soprattutto muscolo, tessuto adiposo) di “leggere” il segnale dell’insulina con conseguente diminuzione dei suoi effetti. Ma se i tessuti non riescono a captare efficacemente gli zuccheri questi si accumulano nel sangue generando la situazione di iperglicemia tipica del diabete di tipo 2

L’insulino-resistenza aumenta la produzione di trigliceridi, con deposizione dei medesimi sia nei tessuti arteriosi che nel tessuto adiposo ed é, quindi, correlata al sovrappeso – obesità. Nei soggettiche ne sono affetti si osservava una disposizione caratteristica del tessuto adiposo (lipodistrofia): mancanza di tessuto adiposo a livello degli arti e dalla regione gluteale, notevole aumento della componente adiposa dell’addome (grasso viscerale).

Nella prossimo articolo esaminerò tutte le strategie nutrizionali indispensabili per riequilibrare il Microbiota Obesigeno in modo da poter raggiungere e mantenere il peso forma.
Photo by Daria Shevtsovad from Pexels

Anna Agnsudei Biologa Nutrizionista

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