Nella Giornata mondiale della pasta, in Italia è andata in scena la protesta degli agricoltori.

Il 25 ottobre è la Giornata mondiale della pasta, eppure se ci guardiamo attorno non sappiamo se si debba festeggiare o piangere. La festa comincia alle 10 nel lussuoso Ritz Carlton hotel di Mosca, che quest’anno ospita la 18ª edizione della giornata mondiale. Il funerale, invece, parte dal casello Valdichiana di Bettolle sull'A1, in provincia di Siena. Gli annunci mortuari sono stati pubblicati da tempo: “Dopo lungo e penoso disinteresse della politica è venuto a mancare il grano italiano”. 

Pasta, un mercato in crescita

Il clima di festa è giustificato dai numeri. Dalla prima edizione di Napoli, nel 1998, la produzione di pasta è aumentata di quasi il 57%, passando da 9,1 a 14,3 milioni di tonnellate. L’interesse mondiale è in continua crescita: secondo l’ultimo Food Trends Report, su Google la pasta è più ricercata di carne, riso, ortaggi e frutta in Italia, Turchia, Giappone, Scandinavia, Polonia, Germania, Australia e Canada.

Grano italiano, un mercato in crisi

La pasta, però, è fatta col grano. E proprio oggi Confagricoltura, Cia, Apima e tutti gli agricoltori d'Italia stanno piangendo la “morte del grano italiano”. Ed anche qui i numeri gli danno ragione: l’Italia produce ogni anno 4 milioni di tonnellate di grano duro e ne consuma 3 milioni di tonnellate. Purtroppo questo fabbisogno interno è coperto per 2,5 milioni di tonnellate da grano importato (soprattutto dal Canada, ma attenzione alla Russia che cresce ad un ritmo vertiginoso). 

La qualità, un falso problema

Il motivo sarebbe la scarsa qualità del grano italiano: secondo alcuni quello importato è di qualità migliore. Lo ha detto perfino Oscar Farinetti, patron di Eataly, su La7: «Il grano italiano non è di alta qualità. Quello canadese, ad esempio, è qualitativamente superiore». Ma non è vero.

Tutto ruota intorno al glutine. Per produrre grandi quantità di pasta in poco tempo servono alte temperature: fino ai 130° per un’essiccazione che dura 2-3 ore. Per reggere a questo vero e proprio stress serve un impasto ricco di glutine (ovvero di proteine), che quindi non si rompa. Ed ecco spiegato perché ci si rivolge ai grani esteri, “a detta di tutti” più proteici. A detta di tutti, ma non del Crea (Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) che in Commissione agricoltura ha dichiarato che il grano italiano ha un contenuto proteico medio capace di soddisfare ampiamente le esigenze dell’industria.

Il vero problema è il costo

Il vero problema è che il grano italiano costa di più. Le dichiarazioni di Farinetti trovano spiegazione nella cosiddetta “Guerra del grano” che vede i produttori italiani opposti all’industria della pasta, sempre meno disposta a pagare il dovuto ai nostri agricoltori per aumentare i profitti. Nell’ultimo anno le quotazioni del grano duro destinato alla pasta hanno perso il 43% del valore scendendo a 0,18 euro al kg, che non coprirebbe nemmeno i costi di produzione. 

Li copre ampiamente, invece, in Canada: un po’ per la conformazione del terreno e un po’ perché i trattamenti con erbicidi. Si tratta della cosiddetta “ricetta segreta” (o tecnica pre-harvest) di irrorare con il glifosato i campi di grano circa 15 giorni prima della raccolta per far seccare le spighe e trebbiare più velocemente. Aumentando di molto i livelli di questo diserbante chimico nel prodotto finito che noi mangiamo e che diamo da mangiare ai nostri figli.

Quale futuro per il grano italiano?

Se questa è la “qualità” che vogliono le grandi industrie, possono anche tenersela e festeggiare al Ritz Carlton di Mosca. Chi cerca la “vera qualità” può invece rivolgersi all’artigianato italiano, ovvero all’eccellenza della nostra tradizione.

Nei piccoli e medi pastifici del Bel Paese la pasta prodotta con grano italiano (meglio ancora se grano antico) viene ancora essiccata lentamente (nei laboratori artigianali al di sotto dei 44°C per 24/36 ore) per preservare il gusto del prodotto e le sue proprietà. Tenete presente che già dagli 80° si hanno il 40% in meno di vitamina B1 e il 53% in meno di vitamina B2. È così che si ottiene una pasta più digeribile e nutriente di quella industriale, più ricca di sapori e profumi. 

Questo è il futuro del grano italiano: i grani antichi destinati ai prodotti artigianali di altissima qualità, gli altri grani per i trasformatori semi-artigianali o semi-industriali di medie dimensioni. L'importante è non confondere i termini del discorso: il grano canadese e quello dell'Est Europa sono utilizzati soprattutto per prodotti industriali, quello italiano per prodotti di alta qualità.

Matteo Lusiani Sa di non sapere, per questo si informa.

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