Una riflessione sulle rivelazioni di Report sulle truffe nel mondo del biologico, e come riconoscere chi lavora onestamente.

Nella puntata dell'11 ottobre la trasmissione Report, in onda su Rai Tre, ha mandato in onda un'inchiesta sull'agricoltura biologica (la trovate qui). L'inchiesta è impeccabile dal punto di vista giornalistico e mette in luce vere e proprie truffe che stanno danneggiando sia i consumatori che le aziende che operano onestamente in un mercato falsato. Eppure ha generato non poco scontento tra gli addetti ai lavori, preoccupati che il servizio possa danneggiare un seconda volta gli onesti lasciando passare l'idea che l'intero mercato del biologico sia corrotto.

Comprendo la preoccupazione, perché in effetti si poteva spendere qualche parola in più per tutelare chi opera correttamente, ma non credo sia l'atteggiamento più saggio. Meglio unirsi all'indignazione per la truffa, puntare il dito contro i truffatori, dissociarsi, isolarli e difendere chi lavora onestamente. Come? Innanzitutto spiegando come difendersi dalle truffe: in un precedente articolo avevo indicato 5 semplici cose da fare per difendersi dalle truffe e credo ancora che funzionino. E poi raccontandosi, mostrando la propria azienda, facendo vedere come si può lavorare bene.

Ma prima vediamo cosa è emerso nel servizio di Report, realizzato dal giornalista Bernardo Iovene.

I controlli ci sono, ma sono troppo lenti

Il servizio di Report ha mostrato che nel nostro Paese i controlli ci sono, ma sono troppo lenti. Per questo non hanno impedito a 10.500 tonnellate di grano convenzionale di finire sugli scaffali come prodotti biologici. Questo grano è stato venduto dall'azienda pugliese Liuzzi, i cui terreni rendono solo 50 tonnellate: l’azienda certificava 11 ettari di terreni bio, eppure ha venduto alla cooperativa Tiati con un certificato in cui risultavano 675 ettari bio. Quando la truffa è stata scoperta, era troppo tardi: il grano era già finito nei mulini più grandi d’Italia, che riforniscono alcuni dei più importanti marchi del biologico.

L'importanza dei rapporti commerciali

Queste frodi dovrebbero avere vita breve. Il Ministero dell'Agricoltura ha appena approvato una piattaforma informatica sviluppata da Federbio e in grado di verificare in tempo reale le incongruenze tra i certificati e bloccare la truffa a monte. Esisteva già anche ai tempi della truffa dell'azienda Liuzzi, ma non era ancora in funzione. Perché? «È abbastanza chiaro: perché evita le frodi, - ha spiegato Paolo Carnemolla, presidente di Federbio. - Ma soprattutto perché costringe ad avere rapporti commerciali che non puoi costruire cinque minuti prima che ti serve il grano. Devi andare a visitare le aziende, devi conoscerle, devi vedere che strutture hanno».

Come lavorano gli onesti

Lavorare onestamente significa conoscere la propria filiera: parlare con gli agricoltori per programmare la produzione con cadenze pluriennali, visitare i campi e i laboratori di trasformazione, sapere quale resa possono sostenere tutti gli anelli della catena e creare un sistema che supporti quelle rese.

Un sistema di questo tipo è immune alle truffe come quelle raccontate da Report, perché il percorso di produzione è chiuso e controllato direttamente dalla stessa azienda che vende i prodotti ed è direttamente responsabile: qualunque tipo di scandalo andrebbe a danneggiare il brand con enormi ripercussioni nelle vendite e nei fatturati. In un sistema di filiera è lo stesso brand il primo controllore della correttezza, se non vuole subire danni economici.

Questo non avviene in un sistema di approvigionamento nel quale diversi marchi acquistano la materia prima da un distributore che a sua volta l'ha acquistata dalle aziende: i marchi che vendono il prodotto finito non controllano l'intera filiera e possono dire di essere stati i primi danneggiati (come infatti è avvenuto) invece di assumersi la responsabilità.

In AmoreTerra una delle attività principali è far visita ai campi della filiera (come potete vedere nelle immagini sotto) e raccontarlo sul nostro profilo Facebook e Instagram perché questo sistema si regge sulla fiducia dei consumatori nel nostro lavoro.


Le politiche di prezzo

In questo senso le politiche di prezzo sono fondamentali. I prodotti biologici costano più di quelli convenzionali perché hanno rese minori (ma stabili negli anni perché l'agricoltura non impoverisce i terreni). Tutti possono mangiare bio, ma devono accettare di spendere di più: pensare di acquistare prodotti biologici alle stesse cifre di quelli convenzionali è assurdo. E le aziende bio che basano il proprio modello di business sui prezzi sempre più bassi sono quelle più a rischio.

Esistono diverse fasce di prezzo nel mercato biologico (ne abbiamo parlato anche noi) e ogni azienda è libera di cercare la propria fetta di mercato nella fascia più economica. Ma esiste un limite sotto il quale non si può andare, se non strangolando i contadini o sorvolando sulla qualità, con il risultato di danneggiare l'intero mercato bio come succederà nei prossimi mesi.

Il biologico non può rincorrere prezzi sempre più bassi, può solo spiegare meglio il valore di ciò che produce in modo che i consumatori siano disposti a pagare il giusto prezzo. Del resto non è un male: dare più valore al cibo può incentivare la riduzione degli sprechi e il diffondersi di diete più bilanciate, che evitano inutili prodotti ricchi di zuccheri e grassi che non apportano nutrienti per concentrarsi sui prodotti che nutrono il nostro organismo.

Matteo Lusiani Sa di non sapere, per questo si informa.

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